La diversificazione territoriale, sia dal punto di vista culturale che geografico ambientale è forse la nota più caratteristica della Calabria. Tracce di tante civiltà che si sono succedute nel territorio calabrese, il cui influsso permane nel patrimonio culturale e nella morfologia stessa della regione, caratterizzata da un alternarsi di variegati panorami, fanno si che dal punto di vista gastronomico, la Calabria sia quanto mai ricca e stimolante, dall’olio al vino, dalla carne al pesce, dai prodotti caseari ai salumi, dagli ortaggi alla frutta, questa vanta materie prime di straordinaria qualità.
A lasciare il segno nella gastronomia calabrese è stata anche la matrice culturale albanese, è un tipo di
“cucina povera” basata sulla semplicità e sulla genuinità dei prodotti della
terra arricchita dai sapori ottenuti con gli aromi delle erbe officinali,
di cui la montagna del Pollino sacra ad Apollo ne è piena, a questo va
aggiunta la fantasia delle donne arbëreshe che continuano ad inventare pietanze molto ricercate.
Nelle nostre comunità si può gustare un tipo di cucina, oggi riscoperta, che quotidianamente era in uso nelle
caratteristiche abitazioni del 600 tutte fornite di un grande camino in pietra annerita e nell’angolo da due forni
a cupola, uno grande per la cottura del pane ed uno più piccolo per la cottura di torte e biscotti, dove sembra
che ancora si avverta il profumo dei saporiti arrosti e fragranti torte pasquali.
Si è rivalutata anche la cultura delle buone tradizioni familiari, depositari di antichi rituali e dove primeggia
il senso dell’ospitalità, di cui sicuramente ne beneficerà il turista già favorito dalla natura, per lo spettacolo
meraviglioso che offrono le due regioni, la cui terra baciata dal sole offre prodotti di qualità dei monti,
delle colline, delle pianure e dei due mari.
Gastronomia e cultura ormai sono un binomio molto stretto e comune tra gli
arbëreshë, dove pastorizia e agricoltura hanno segnato la loro esistenza in
Albania prima e nella nuova patria dopo. La tradizione continua ancora oggi nel periodo pasquale, dove il capretto
e l’agnello sono i protagonisti del ricco menù di ogni famiglia attorno al quale gravitano tante pietanze ottenute
da un sapiente impiego di prodotti genuini della terra del Pollino, una cucina forte, intelligente e creativa,
grazie alla tradizione che si rinnova.
L’arte culinaria arbëreshe segue di pari passo il calendario liturgico bizantino, tracciando un vero itinerario
gastronomico, abbinando ai riti e alle tradizioni popolari particolari pietanze che richiedono il più delle volte
cerimonie significative sia nella preparazione sia nel consumo a livello familiare che a livello di
comunità ristretta.
C’è in questa gastronomia una traccia della cucina delle aree interne circostanti attraverso la presenza di salumi e
formaggi.
Una delle tecniche di lavorazione dei cibi di più antica tradizione è la conserva, ereditata dai Fenici e Greci
e ancora oggi si usa conservare le carne di maiale sotto sale, i salumi, le olive e ortaggi di ogni genere sott’olio
e sott’aceto.
La cucina arbëreshe è povera basata su una ricercatezza popolare e quindi
genuina i cui ingredienti sono pomodori, cipolle, melenzane e l’eccitante peperoncino rosso la pasta fatta in casa,
la varietà di salumi come la ndula un salsicciotto composto da parti secondarie del maiale mangiata di solito con
minestre di verdura, la carne di capretto e agnello.
Pane, Pasta, rrashkatjel, strangulë, dromsa, venivano e vengono ancora oggi prodotti grazie alla capacità e
all’estro della donna.
Per SANTA LUCIA era consuetudine preparare fichi cotti al forno e intrecciati
con giunco, ma soprattutto grano bollito.
Per la FESTA DEI MORTI (TE VDEKURAT) era consuetudine mangiare il grano
bollito.
Per la FESTA DI SAN BIAGIO venivano preparati i panini Kraviqezit che venivano
benedetti in chiesa e distribuiti ai fedeli,che secondo la credenza guarivano dal mal di gola.
Per CARNEVALE era consuetudine preparare Bukë val una specie di dolce a base di
olio, uva passa e farina.
Per la festa di SAN GIUSEPPE si consumava un piatto a base di pasta fatta in
casa con ceci la cosiddetta “Tumac më qiqra”.
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