Il nome “italo-albanese” si adopera per designare l’albanese d’Italia e la sua lingua e contiene un
concetto etnico e linguistico. In senso linguistico designa una forma di albanese influenzata in misura
considerevole dall’italiano e dai suoi dialetti nel corso di una simbiosi ininterrotta di parecchi secoli,
infatti è presente l’elemento linguistico portato dalla patria d’origine e l’elemento acquistato nella patria
d’adozione.
L’albanese parlato in Italia rappresenta una forma dell’albanese meridionale, dei dialetti compresi sotto
il nome di tosco, mentre i dialetti del territorio linguistico situati più a nord rientrano nel gruppo ghego.
La lingua rappresenta in sé un elemento che è il risultato di certi processi storici svoltisi in determinate
circostanze nelle quali è sorta, in primo luogo in rapporto al paese d’origine.
Da quale parte o quali parti della regione albanese provengono gli albanesi d’Italia? Alla soluzione del
problema dell’origine delle colonie italo-albanesi possiamo avvicinarci solo con un metodo globale di
ricerca, combinando i dati linguistici con quelli della storia e dell’etnografia:le forme dialettali e
i nomi di famiglia e di luogo e dei santi locali dei vari comuni con la testimonianza dei documenti e dei
registri parrocchiali con la viva tradizione orale in Albania e in Italia con gli elementi del modo di vestire
e degli usi e costumi, con certi motivi comuni della poesia popolare. In seguito alla ricerche compiute risulta
che gli Albanesi d’Italia provengono da diverse contrade dell’Albania.
La tradizione orale vivente in Albania in varie zone del Nord e del Sud conserva ancora il ricordo di emigrazioni
locali in Italia avvenute nel passato. Nella storia interna dell’albanese d’Italia le differenziazioni di
cui si è parlato, vanno prese in considerazione anche in merito alla nuova patria dei primi abitatori.
E’ da ammettere che i primi profughi formavano in parte delle unità compatte originarie di un luogo o regione
comune dunque dei gruppi omogenei dal punto di vista etnodialettale.
In parte però, il comune pericolo raccolse ed unì in tempo di guerra elementi eterogenei, gente proveniente
da regioni diverse, e li spinse a seguire un destino comune in terra straniera. E’ da supporre pertanto che
anche in questa terra si sono avuti destini linguistici diversi, con varie e molteplici interferenze.
In primo luogo una spartizione di gruppi omogenei in comuni diversi quantunque vicini, ramificazioni dunque
di un dialetto unitario. Accanto a ciò si sono avuti stanziamenti in una colonia comune di immigrati provenienti
da differenti regioni.
A queste colonie così stabilite, si sono aggiunti col tempo in certi luoghi dei nuovi immigrati provenienti
dall’Albania o dalla Grecia come anche dei coloni italiani dei paesi vicini. Accanto a spartizioni e
ramificazioni di unità dialettali originarie vi è stata anche la mescolanza dialettale attraverso la simbiosi
nello stesso comune e le relazioni naturali tra comuni vicini. Accanto alla divergenza si è operata la
convergenza. Col fenomeno della divergenza trova la sua spiegazione il fatto che una parte delle parlate
di Sicilia concorda con quelle del Molise, un’altra parte con quelle della Calabria, le quali presentano pure
differenze tra loro.
Più importante è li il fenomeno di convergenza, del riavvicinamento reciproco di parlate alquanto diverse.
Questo ha fatto si che l’albanese d’Italia, malgrado le differenze locali esistenti entro di esso,
si presenta con una certa unità nella diversità nell’insieme dei dialetti dell’albanese.
Considerando l’albanese sotto questi aspetti, il suo carattere generale, unitario e complesso insieme,
si presenta press’a poco come segue: esso contiene tratti portati con sé dalla madrepatria e tratti acquisiti
nelle nuove sedi, contiene inoltre dei tratti di conservazione e dei tratti di innovazione, presenta però
anche delle perdite.
Riguardo all’elemento portato con sé il che costituisce il suo fondo principale, l’albanese d’Italia
rappresenta un tosco di una fase anteriore che risale alla fine del Medioevo. Per la comprensione di questo suo
carattere si arriva mediante una ricostruzione interna, attraverso la comparazione reciproca dei dialetti
dell’albanese. In questo prisma storico e conforme ai principi della geografia linguistica questo ramo
dialettale distaccato alcuni secoli prima dal comune tronco della lingua come area seriore presenta dei tratti
comuni fonetici, morfologici, sintattici e lessicali, da un lato con l’albanese di Grecia, separato in un
periodo ancor più remoto, dall’altro con la lingua degli antichi autori dell’Albania del Nord del XVI e XVII
secolo, specie nella lingua del Messale di Gjon Buzuku del 1555.
Alla fine del Medioevo, al periodo preletterario della lingua ci portano pure i pochi prestiti turchi che si
trovano nelle parlate italo-albanesi.
Oltre a questo aspetto storico,nell’italo-albanese è contenuto intanto un carattere geografico, quello di
un'appartenenza dialettale. Nei suoi tratti costitutivi l’albanese d’Italia così come pure l’albanese di
Grecia appartiene al tosco meridionale, oppure se si vuole al tosco del sud-ovest, dal punto di vista
etnolinguistico ai dialetti della Labëria e della Ciamuria nel senso più largo di questi termini,
dimostrando la lingua in tal guisa le testimonianze storiche e onomastiche su menzionate.
Si deve tener presente che i dialetti dell’Albania nel corso di sei secoli hanno avuto la loro evoluzione, e che
d’altra parte i dialetti italo albanesi, benchè in misura minore, anche loro si sono evoluti. Le connessioni
dell’albanese d’Italia con quello della Grecia e con l’antico ghego del nord rivestono un carattere sincronico.
La parentela dialettale-geografica con il tosco meridionale per noi oggi si presenta piuttosto diacronica.
Tra i tratti comuni di quest’ultimo campo si trovano tanto gli elementi conservatori quanto altri invece
innovatori: poiché questi dialetti meridionali avevano compiuto delle innovazioni già prima dell’emigrazione
di una parte di loro nei paesi di Grecia e Italia. Rispetto alla situazione della nuova patria, essenziale
è per questi dialetti che essi nella maggior parte rappresentano delle isole linguistiche.
Pur mantenendo relazioni con le parlate italo-albanesi vicine, questi dialetti sono circondati dall’ambiente
romanzo, e questo è stato decisivo per la lingua. La simbiosi è iniziata in molti casi già dal principio
dello stabilirsi nelle nuove sedi: come è dimostrato da documenti del tempo, in alcune parti della Calabria
i nuovi coloni si stabilirono in borgate preesistenti al loro arrivo e che furono da loro ripopolate.
Abbiamo a che fare così con lingue di contatto, fenomeno che di per sé conduce a influenze reciproche;
da un lato influsso italiano preponderante, con seguente assimilazione di una parte dell’italo-albanese nel
corso dei secoli; dall’altro lato in misura molto più limitata integrazione di qualche elemento romanzo
nella comunità italo - albanese mediante i matrimoni. La simbiosi continua ha fatto si che gli italo-albanesi
sono bilingui anzi trilingui perché parlano l’albanese, l’italiano e il dialetto locale.
Il grado della mescolanza linguistica è differente nei diversi dialetti italo albanesi. L’influsso
dell’italiano e dei suoi dialetti in molti luoghi si è adattato alla struttura fonetica e morfologica
dell’albanese, rimanendo l’albanese e l’italiano nella coscienza del parlante due sistemi linguistici a
sé stanti. In certe parlate però l’italiano è penetrato anche nella struttura morfologica e grammaticale,
contribuendo così all’impoverimento dell’elemento albanese. Oltre ai fattori sociali e culturali anche i fattori
religiosi hanno avuto un ruolo notevole per quanto riguarda assimilazione e resistenza linguistica.
Mentre nell’elemento albanese di Grecia la fede greco-ortodossa comune all’ambiente ellenico, ha
contribuito fortemente all’assimilazione linguistica in Italia invece si osserva che questa professione di fede,
nella sua forma di rito greco unito è stato un fattore di conservazione della lingua e che la conversione al
rito latino ha accelerato l’assimilazione etnica e linguistica.
In regioni montuose e lontane dalle comunicazioni si sono conservate meglio la foggia del vestire, gli usi e i costumi insieme alla lingua e alla professione di fede. Notevole per la questione della conservazione della lingua è il mantenimento vivo della coscienza storica del sentimento dell’origine albanese. Sotto l’aspetto culturale l’elemento albanese d’Italia ha ereditato una ricchezza considerevole di tesori folclorici che nella sua parte antica rimonta al tardo Medioevo, essa contiene infatti elementi importanti per la storia del folclore albanese e delle sue relazioni con i popoli balcanici vicini di quel tempo.
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